Fichte

Johann Gottlieb Fichte nasce a Rammenau il 19 maggio 1762 da famiglia piuttosto povera.Studia teologia a Jena e a Lipsia. Lavora come precettore in case private a Ginevra e a Zurigo, dove conosce Johanna Rahn che sposa nel 1793.

Nel 1790 rientra a Lipsia ed entra in contatto con il pensiero di Kant, proclamando con entusiasmo in merito alla Critica della ragion pratica: «È inconcepibile quale rispetto per l’umanità, quale forza, ci dà questo sistema».


Dal 1794 al 1799 Fichte è professore a Jena e a questo periodo risalgono la prima esposizione della dottrina della scienza e le applicazioni di questa ai domini della morale e del diritto.


Nel 1798 Fichte pubblica sul giornale filosofico di Jena un articolo intitolato Sul fondamento della nostra credenza nel governo divino del mondo, nel quale identifica Dio con l’ordine morale del mondo


Da Jena Fichte si reca a Berlino, dove frequenta i protagonisti del Romanticismo tedesco come Schlegel

Nel 1805 è professore a Erlangen, ma con l’invasione francese si reca a Königsberg e poi a Berlino, dove, durante il periodo di occupazione napoleonica, pubblica Discorsi alla nazione tedesca

Il tema fondamentale è di carattere pedagogico: è necessaria una nuova educazione al servizio della maggioranza della popolazione. Tuttavia in essi, in particolare, Fichte inneggia alla liberazione della Prussia e dichiara la superiorità della nazione tedesca per lingua, cultura e religione.

Il suo scritto più importante è Fondamenti dell’intera dottrina della scienza: il suo obiettivo è rendere la filosofia un sapere assoluto e perfetto e il concetto centrale è una scienza della scienza che metta in luce il principio su cui si fonda la validità di ogni scienza e si fondi esso stesso su quel principio.

Questo principio è l’Io o l’autocoscienza, presentato chiaramente nella Seconda introduzione alla dottrina della scienza.
Dunque, l’Io prima di porre A, deve porre se stesso.
Tale prerogativa è definita Tathandlung: l’Io è attività agente e prodotto dell’azione stessa, totalmente incondizionatoinfinito e libero.


Io posso avere coscienza di un oggetto qualsiasi, solo in quanto ho allo stesso tempo coscienza di me stesso. In quanto autocoscienza, l’Io risulta per definizione un’attività che ritorna su di sé. La coscienza è fondamento dell’essere, l’autocoscienza è il fondamento della coscienza.
La Dottrina della scienza diventa esposizione della deduzione assoluta o metafisica, che fa derivare dall’Io sia il soggetto sia l’oggetto della conoscenza.
Partendo dal principio di identità, fondamento del sapere, si può affermare che A=A. In realtà l’esistenza iniziale di A è data dall’Io che la pone. Senza Io=Io, l’identità A=A non è giustificata.
Ecco che il principio primo della conoscenza diventa l’Io=Io, cioè l’autocreazione, che coincide con l’intuizione intellettuale, che si definisce come l’autointuizione immediata che l’io ha di se stesso, in virtù della quale conoscere qualcosa significa fare o produrre tale qualcosa ed essere consapevoli. Ecco che l’Io pone il non-io, senza il quale non si riconosce come fondamento della realtà.
Posti i primi due principi della dottrina della scienza -L’Io pone se stesso e il non-io- segue il terzo principio: l’io, avendo posto il non-io, si trova ad essere limitato da esso, esattamente come quest’ultimo risulta limitato dall’Io. Ecco la situazione concreta del mondo: una molteplicità di io finiti che hanno di fronte a sé una molteplicità di oggetti a loro volta finiti.

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