John Locke

Locke è uno dei più grandi filosofi inglesi, ed è il primo importante assertore dell'empirismo, cioè della teoria gnoseologica che nega al pensiero la capacità di superare in perfezione la modalità sensibile della conoscenza. La vera e valida conoscenza è allora solo la sensazione, di cui il pensiero non è che un pallido surrogato.



QUADRO STORICO

Siamo nel periodo più turbinoso della storia inglese, che diede le due memorabili rivoluzioni: prima, la decapitazione di Carlo I (1649) e la repubblica di Cromwell, seguita nel 1660 dalla restaurazione delle monarchia degli Stuarts; poi, dalla loro cacciata nel 1688, e dalla instaurazione delle monarchia costituzionale con Guglielmo di Orange. E' da rilevare che la questione politica fu alimentata sempre, in questo periodo, da quella religiosa fra le varie chiese che si contendevano il potere anche politico, finché la Chiesa Alta, cioè anglicana, finì con avere il predominio.

ASPETTO ANALITICO E SISTEMATICO: LA GNOSEOLOGIA

L'occasione prossima che orientò Locke alla ricerca gnoseologica-psicologica gli venne dal famoso episodio del 1671 di cui si parla nella premessa al Saggio. Da quella discussione Locke fu ricondotto alla "questione del metodo", cioè all'esigenza di un esame critico del nostro pensiero, per vederne cioè natura, capacità e limiti. Il Saggio sull'intelletto umano di Locke si presenta come un'analisi dei limiti, delle condizioni e delle possibilità effettive della conoscenza umana: "era necessario esaminare le nostre capacità, per vedere quali oggetti il nostro intelletto fosse o non fosse in grado di trattare".

Nel Saggio sull'intelletto umano Locke si ripropone una ricognizione critica dei limiti della ragione.
La ragione viene certamente svalutata rispetto a Cartesio e al razionalismo, tuttavia Locke ne riconosce un ruolo insostituibile, con le due immagini della candela e dello scandaglio. La ragione è infatti come una candela, che con la sua luce non riesce certo a farci vedere tutto il panorama come la luce del sole, ma basta pur sempre a rischiarare il percorso che dobbiamo fare nell'oscurità della notte. Così uno scandaglio non riesce a fornire una mappa completa dei fondali marini, ma basta a fornirci la conoscenza che eviti che la nave si incagli in qualche secca.
Si tratta di una sorta di inventario delle idee, nel presupposto che esse (e non le cose in sè stesse) siano i veri oggetti della nostra conoscenza. Così anche in Locke, come in Cartesio, Spinoza e altri vediamo un dualismo gnoseologico (idee/cose).

LA POLEMICA CONTRO L'INNATISMO

L'obiettivo della critica fatta da Locke all'innatismo sembrano essere i neoplatonici inglesi di Cambridge (tra cui Herbert di Cherbury). Nella sua disamina Locke prende l'avvio da un criterio generale e costante del suo empirismo, cioè dall'idea che non ci sia nulla nello spirito, di cui lo spirito non abbia coscienza, ossia non sia consapevole.

Gli argomenti contro l'innatismo sono essenzialmente due:

1) Se le idee fossero innate dovremmo averne sempre coscienza, perché, per Locke come per Cartesio, pensiero o idea o coscienza son la stessa cosa. Ora invece noi vediamo che non sempre ne abbiamo coscienza, né d'altra parte tutti hanno queste idee;

2) inoltre: se le idee fossero innate dovrebbero essere universalmente ammesse. Ma avviene il contrario: si può dire che non ci sia idea che non sia soggetta a cambiamenti, a negazioni, a seconda dei tempi e dei luoghi.

IL PENSIERO POLITICO

Locke è da sempre considerato "il padre del moderno pensiero liberale" ed effettivamente lo è, anche se, prima di giungere al liberalismo, le sue concezioni politiche subirono profonde modificazioni, essendo egli partito da posizioni addirittura assolutistiche. Ad ogni modo, le idee politiche della maturità sono esposte in due opere, ovvero "Epistola de Tolerantia" e "Due trattati sul Governo". Il primo (di assai minore importanza) è diretto contro Sir Robert Filmer, che sosteneva l'origine ereditaria e patriarcale dell'autorità. Il secondo è contro le teorie politiche assolutistiche di Hobbes che, pur non essendo mai citato, è tuttavia costantemente presente.

LO STATO DI NATURA

"Lo stato di natura è governato dalla legge di natura, che obbliga tutti: e la ragione, ch'è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purché vogliamo consultarla...".

Tale stato di natura è per Locke molto diverso da quello di Hobbes: mentre per questi "l'uomo è lupo per l'altro uomo" ("Bellum omnium contra omnes"), per Locke l'uomo deve regolarsi secondo la legge di natura, che obbliga anche indipendentemente dalla costituzione della società e che non è se non la legge della ragione e quindi di Dio. Tale legge dice prima di tutto che la nostra stessa libertà è patrimonio comune di tutti gli uomini e che essa deve essere rispettata da tutti

Insomma la legge naturale afferma: "Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te". In questo contesto sono chiari i legami di Locke con le teorie giusnaturaliste.

LA PEDAGOGIA

Molto importante il pensiero di Locke anche per l'aspetto pedagogico. Sua opera principale a questo proposito sono "i Pensieri sull'educazione". Concetto essenziale è che il ragazzo deve essere educato nella libertà ed alla libertà secondo ragione. Lo sviluppo deve essere armonico e totale, deve investire l'uomo in tutte le sue componenti.

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